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Il Grillo parlante

La voce di Gabriele per i lettori del Corriere del Fantacalcio.

Puntata n. 77

L’amore per il calcio è difficile da spiegare. È attrazione incontrollabile, passione, fede morbosa verso una maglia, una squadra, determinati colori… Tifoso ci nasci e quell’amore te lo porti dentro comunque vada, anche quando è tradito, umiliato, messo a dura prova oppure esaltato, ricambiato, ripagato… è un sentimento forte, bellissimo, ma racchiude in se una certa vena di “malattia”. È un paraocchi che toglie lucidità, che impedisce una completa visuale; ti accorgi solo a tratti dello schifo che c’è attorno, ma non basta a toglierti quella fede, quel bisogno… Ogni volta cancelli tutto e l’unica cosa importante è che la palla entri nella porta giusta. Non conta altro! Così è e così sarà…
Il mio amore per il ciclismo si fondava su principi diametralmente opposti. Non un tifo incondizionato, ma sconfinata ammirazione verso un atto nobile compiuto da un uomo che sfida la natura, la forza di gravità, i propri limiti…
Ho sempre nutrito una gran passione per i cosiddetti scalatori, atleti che di quell’atto nobile sono la massima espressione; seguendone le vicende, negli anni ho avuto più in simpatia alcuni piuttosto che altri, ma chiunque fosse l’uomo ad inerpicarsi per salite ardite, la mia ammirazione era totale.
La storia delle due ruote è incredibile; fatta di piccoli eroi e grandi campioni, piccoli aneddoti e grandi imprese. In questa storia, a metà degli anni 90 irrompe un piccolo uomo, che a guardarlo non gli dai molto credito… ma è forte! Tanto forte quanto dannatamente fragile. Tanto grande quanto sfortunato. Troppi incidenti ne rallentano e ne limitano una carriera che sarebbe stata ancora più ricca di trionfi.
Quel piccolo grande uomo era Marco Pantani ed io l’ho amato!
L’ho amato per le emozioni che ha saputo darmi, per le imprese che prima di lui avevo solo potuto immaginare attraverso i racconti dei più anziani. L’ho amato per il suo sapersi rialzare ogni volta, rimontare in sella più forte di prima, per la sua forza d’animo…
Lo so, dirlo ora stona e parecchio! A volte la vita è più dura di certe salite…
La depressione è un male terribile, solo chi ne è stato sfiorato può comprenderne il peso. La rispetto, come rispetto Marco; non cadrò nella retorica, non parteciperò alla speculazione e allo sciacallaggio di questi giorni. Sto solo salutando un vecchio amore che se ne va per sempre e lo faccio con dolore vivo. Non voglio parlare di doping, di procure, dei tanti amici che solo ora saltano fuori. Quando penso a Pantani mi vengono in mente il Mortirolo, Les Deux Alpes, il Mont Ventoux… l’accoppiata Giro-Tour, quelle maglie rosa e gialla che lo hanno reso felice per un po’…
Quel giorno di primavera, a Madonna di Campiglio, è finito il mio amore per il ciclismo. È morta la passione per quell’atto che non vedevo più nobile; troppo grande era l’ammirazione per non sentirmi tradito, troppo grande era l’amore per abbandonarlo completamente. Confesso di aver seguito Marco con la coda dell’occhio, di aver sperato in silenzio ad ogni suo ritorno… fino a sabato sera, quando la notizia mi ha squarciato il petto riaprendo una ferita che credevo guarita. Non tornerò sui miei passi, non vorrò più “frequentare” i posti che ospitarono quel grande amore. Il pensiero va ad un piccolo grande uomo che se ne va per sempre, portando con se tante domande, tanti rimorsi e un amore.
Ciao pirata, nella tua ultima salita sei davvero solo o forse, per la prima volta non lo sei più!

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