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Puntata n. 5
Lucianone a Torino, lo si vedrà anche più avanti, riesce a dare il meglio di se. Assieme a Nizzola è solito fare le ore piccole tra ristoranti e partite a scopone, ma i due lavorano sodo e di certo non si risparmiano nel perorare la causa granata. Eccovi riassunti i fatti salienti della prima avventura torinista di Lucianone:
1982. “Il 29 aprile annuncia di avere ingaggiato la stella jugoslava Safet Susic. Peccato che anche l’Inter sostenga di averlo acquistato. In effetti si scoprirà che Susic ha firmato due contratti e per decisione della Lega calcio non andrà né al Torino né all’Inter. – A giugno i due Luciani volano in missione in Spagna (c’è il Mundial) a caccia di un grande campione da portare al danaroso neo presidente Rossi. Il fuoriclasse scovato – è l’argentino Patricio Hernandez, detto Pato. Moggi lo spaccia ai quattro venti per il vice-Maradona. Anche perché l’operazione costa al Torino – 5 miliardi di Lire – quanto ha speso il Napoli per l’olandese Kroll e l’Inter per Prohaska; per non parlare di Michel Platini, comprato dalla Juventus per appena 150 milioni in più…”
La squadra è affidata ad Eugenio Bersellini, reduce dal ciclo interista. Dopo avergli promesso mari e monti, Lucianone gli affiderà una rosa mediocre. “A fine stagione Bersellini diventa il capro espiatorio. Il quotidiano Tuttosport, diretto da Piero Dardanello (uno dei migliori amici di Moggi), pubblica una tabella per dimostrare come le squadre allenate da Bersellini crollino puntualmente nel girone di ritorno. Dopo l’avvertimento a mezzo stampa – il tecnico viene licenziato.” Al posto del povero Bersellini, verrà ingaggiato Gigi Radice, allenatore dello scudetto granata del 1976. I risultati migliorano, infatti, il Toro si piazzerà quinto (83/84) e secondo (84/85), ma “Radice è una persona seria e non sopporta lo stile Moggi. In particolare non gradisce le promesse non mantenute – e il rapporto privilegiato che il D.s. intrattiene con alcuni giocatori – scorretto e arbitrario. È il caso del brasiliano Junior. Lucianone lo gestisce come cosa sua. Un giorno l’allenatore vieta al giocatore di partecipare al Processo del lunedì condotto da Aldo Biscardi – uno dei più stretti amici e confidenti di Moggi. Informato dell’accaduto, Moggi sequestra Junior e lo costringe ad intervenire al programma dell’amicone. A fine stagione Junior lascerà il Torino e verrà ingaggiato dal Pescara, traslocando alla corte di Giovanni Galeone (amico di Moggi).”
I primi anni ottanta sono anni d’oro per il calcio-mercato e Lucianone vi si muove incontrastato. Mentre lavora per il Torino, Lucianone cura anche altri affari; Spinge un imprenditore toscano, Alvaro Amarugi, ad acquistare il Cagliari. “Moggi, con Amarugi presidente cagliaritano, realizza numerose operazioni. Emblematico il caso del centrocampista Danilo Pileggi, ceduto e poi riacquistato due volte dalle due società in un ping-pong incomprensibile. Il Cagliari finirà in B, Amarugi ci rimetterà svariati miliardi – costretto a farsi da parte – morirà qualche anno più tardi dimenticato da tutti.”
Nel campionato 86/87 il Torino si piazza con un deludente undicesimo posto. I tifosi contestano violentemente tutta la dirigenza, e Lucianone capisce che è giunta l’ora di cambiare nuovamente aria. Pochi giorni dopo le sue dimissioni, in perfetto stile Moggi, il Napoli di Ferlaino e Allodi, che ha appena conquistato lo scudetto grazie ad un grande Maradona, annuncerà il nome del suo nuovo direttore sportivo: Luciano Moggi.