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News n. 190 del 20/11/2009 17.21.03
ZEMAN DEPONE...
L'orgoglio di Zdenek Zeman, allenatore delle cause perse, si appalesa di prima mattina nell'aula 216 del tribunale di Napoli dedicata al processo di Calciopoli. C'è Luciano Moggi seduto in prima fila, a destra, e l'allenatore Zeman racconta senza guardarlo la sua storia di tecnico perseguitato dalla lobby vincente (dal 1994 al 2006) del calcio.
Dice Zeman, rivelando con la sua voce bassa e liquida fatti inediti e dando corpo ad altri già conosciuti: "Nel 2000 Ferlaino mi licenziò dal Napoli dopo otto giornate. Lo stesso presidente avrebbe poi detto che ero stato chiamato a Napoli per volontà di Moggi e che esisteva un progetto del direttore generale della Juventus per distruggermi". Fu una chiamata a incastro, secondo Zeman, che - va ricordato - fece un punto dopo otto giornate non rinunciando mai al suo gioco offensivo nonostante una squadra raminga. Il boemo, per sostenere il piano moggiano, aggiunge una seconda testimonianza: "Quando andai a Salerno, era il 2001, il direttore sportivo Cannella mi parlò di una cena-riunione tra Ferlaino e Moggi, organizzata a casa di quest'ultimo. Fu lì che Moggi, già dirigente della Juventus, architettò la mia fine". Convocazione a Napoli, appunto: piazza difficile, squadra debole. E alla prima serie di risultati negativi la cacciata. L'ultima, dopo troppi esoneri. Il licenziamento finale che lo avrebbe reso non più presentabile sulla piazza italiana.
Incalzato dallo schieramento degli avvocati difensori di una parte dei 37 imputati, Zeman dettaglia e descrive la sua carriera: "L'unico esonero vero è stato quello subito alla Lazio. In altre tre occasioni, Napoli, Salernitana e Lecce, sono stato cacciato in maniera illecita. No, quelli non sono esoneri. Nelle altre interruzioni di rapporto che restano, sono andato via io". In aula gli viene fatto notare come con il licenziamento dal Napoli non s'interrompa l'ingaggio: due milioni e mezzo di euro. Zeman, senza alzare il tono, risponde: "Sono sempre troppo pochi per la mia bravura, io in quegli anni ero uno dei più forti allenatori d'Europa. Eppure in Italia smisi di allenare".
Nella seconda parte della deposizione da "teste", il tecnico di Praga (oggi senza squadra), rivela altre due pressioni della vecchia dirigenza juventina nei suoi confronti. Una giunta a buon fine, l'altra fallita. "Gazzoni Frascara mi confidò che avrebbe voluto prendermi al Bologna, ma che Moggi lo aveva dissuaso". In quel caso, anche Girando si spese contro l'allenatore che aveva fatto incardinare il processo doping nei confronti della Juve e dell'ex amministratore delegato. Ancora, testimonia l'allenatore: "Casillo, nel 2004 presidente dell'Avellino, mi rivelò di aver ricevuto una telefonata di Moggi nelle settimane in cui la squadra si stava giocando la salvezza in serie B: "Se molli Zeman, l'Avellino si salva", disse Moggi a Casillo. Il presidente non lo ascoltò e io insieme al club retrocedemmo in C". Questa storia è già agli atti del docu-film "Zemanlandia".
Il tecnico boemo, oggi 62 anni, ha poi ricordato il finale del campionato 2003-2004 del suo Lecce, compreso il rocambolesco 3-3 con il Parma dell'ultimo turno. "Ci furono diverse partite strane nelle giornate di chiusura. Ricordo un Lecce-Milan così agitato che Galliani dovette alzarsi dalla tribuna d'onore e lasciare lo stadio per evitare problemi. Nel finale di stagione i miei avevano smesso di giocare e si arrivò a quel Lecce-Parma. In campo, si sa, si parla molto, ci si scambia informazioni: ne venne fuori una partita anomala, brutta: nel secondo tempo andai dietro la panchina e mi misi spalle al campo. Non si poteva guardare".
Interessante e puntuale la testimonianza di Enrico Variale, inviato Rai, che ha dettagliato le influenze di Luciano Moggi sulla redazione sportiva della Rai diretta prima da Paolo Francia e poi da Fabrizio Maffei. Quindi, ha evidenziato le scelte professionali del caporedattore Ignazio Scardina, imputato in questo processo con Moggi per associazione a delinquere. "Quando conducevo "Stadio Sprint" la Juventus mi fece un embargo lungo un anno. Non mandavano più giocatori ai microfoni per le interviste del dopogara, Capello sarà venuto una, forse due volte. Moggi, quando si presentava, litigava. Ritengo che tutto sia nato a fine 2004 durante una trasmissione in cui, presente Capello, lanciammo un servizio che parlava del processo per doping alla Juventus. L'embargo non solo era scorretto, ma violava un contratto stipulato tra la Rai e la Lega calcio. Non si è mai visto un silenzio stampa lungo un anno".
Varriale si è dilungato sulla "questione Ciro Venerato", approdata al processo: "Era molto strano, e motivo di lamento di almeno quattro giornalisti Rai, che Scardina inviasse sulla Juventus un collaboratore esterno con sede a Milano come Ciro Venerato. Non era neppure di stanza a Torino, ma a Milano. La Juve, come servizio, è paragonabile alla nazionale: di prima importanza, da affidare a un inviato esperto. E invece veniva assegnato sempre a Venerato. Soprattutto, gli davano i pezzi delicati come l'intervista a Zeman dopo Lecce-Juventus o quella da realizzare con Cannavaro dopo la diffusione del filmato che lo riprendeva nello spogliatoio del Parma con una flebo".
Fonte: La Repubblica, 20 novembre 2009