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News n. 154 del 20/12/2005 17.45.35
ZEMAN: «AVEVO RAGIONE IO»
Riprendiamo, per dovere di cronaca, l'intervista a Zdenek Zeman pubblicata il 20 dicembre 2005 dal "Corriere" e da "Il Romanista".
Dopo la sentenza di primo grado nel processo alla Juve è stato detto: «Aveva ragione Zeman». Ora, dopo l’appello, si dice: «Zeman aveva torto».
«Invece anche l’appello mi ha dato ragione. Nel 1998 dissi che il calcio doveva uscire dalle farmacie e se c’è una certezza inequivocabile, evidenziata in entrambi i gradi di questo processo, è che si abusava di farmaci. Anche se io inizialmente non avevo parlato di Juve... E, se lo avessi fatto, avrei sbagliato: la Juve non aveva bisogno di entrare o uscire dalle farmacie, perché la farmacia se l’era fatta in casa».
Come commenta la sentenza?
«Il giudice, a differenza di Casalbore, non ha seguito la perizia di D’Onofrio, che faceva risalire all’Epo lo sbalzo innaturale di emoglobina. Pur continuando a credere che un perito, in materia, ne sappia più di un giudice, ne prendo atto. Vedremo, se l’accusa farà ricorso, come si esprimerà la Cassazione. Ma quegli sbalzi restano, non sono naturali e non si spiegano. L’abuso di farmaci, anche a scopi non terapeutici, invece non è stato negato, ma confermato. Per le leggi dell’epoca non era punibile, oggi lo sarebbe. Se hanno cambiato le leggi vuol dire che quelle che c’erano non andavano bene. E non c’è nulla di cui essere felici, fieri e orgogliosi nell’aver commesso qualcosa di sbagliato prima che venisse considerato tale. Si possono evitare le condanne penali, non quelle morali».
Si riferisce all’esultanza in aula di Giraudo, Agricola e Moggi? «Quell’esultanza è l’immagine della loro sconfitta morale. Sembrava avessero vinto una Coppa dei Campioni. Mi piace vedere dirigenti o giocatori che esultano all’interno di uno stadio, dopo una vittoria, e non in un’aula di tribunale dopo una sentenza che non nega i fatti. Le balbettanti testimonianze dei giocatori, che sembravano concordate con il medico, restano. Rossano, il farmacista che ha patteggiato la pena, resta. È stata tutta colpa sua? E trovo triste che si considerino puliti con 281 tipi di farmaci in casa».
Secondo Giraudo ce ne sono tanti anche in una normale famiglia.
«Al contrario dei farmaci che si trovano in una casa, il 75% di quelli della Juve necessitavano di ricette mediche che non sono state compilate. In una casa non si trovano medicinali per uso ospedaliero. Basta con le ipocrisie e la falsa informazione. Sento sempre parlare di Voltaren e antidolorifici. Negli armadietti della Juve c’erano anche farmaci per gravi problemi neurologici, altri che si usano in sala operatoria, altri per gravi disfunzioni cardiache, altri per malati terminali... Roba da cronicario, ma in campo quelli della Juve non sembravano malati, anzi».
Però erano farmaci leciti...
«Non erano usati per scopi terapeutici. Che fossero leciti o illeciti non ha importanza. Se l’obiettivo non era curare ma cambiare le prestazioni, erano eticamente illeciti ».
Giraudo sostiene: «Così facevano tutti». Ma sotto processo c’è finita solo la Juve.
«Non credo lo facessero tutti, di certo essere stati gli unici imputati è stata la loro fortuna. Se prima della società più prestigiosa, che rappresenta il calcio italiano nel mondo, ci fossero stati processi a club meno blasonati o avvocati meno bravi, forse gli esiti sarebbero stati diversi. E i precedenti non sarebbero convenuti alla Juve...».
Giraudo l’ha invitata a leggersi bene la sentenza.
«Aggiungerò le motivazioni della sentenza alle altre mie letture: "Scudetti dopati", "In campo con la Juve", le perizie di Muller e D’Onofrio, la relazione del professor Frati, i testi degli interrogatori ai giocatori, "Lucky Luciano". Seguo anche la Borsa, ogni giorno: la Juve, nonostante i trionfi, è passata da 3,7 a 1,35. Gli investitori ci hanno perso, ma qualcuno, rivendendo, forse anche tra i dirigenti, ci ha guadagnato. Infine sto cercando di capire quanto si può speculare vendendo terreni e sede sociale per poi riprenderli in affitto».
Beh, come dice Giraudo il tempo libero non le manca...
«E sembra che ci tenga molto perché io continui ad averne... In trent’anni di carriera ho sempre lavorato, ora invece non alleno... Credo più per merito suo che per demerito mio».
Pensa che Giraudo consigli di non assumerla?
«È una voce che ho sentito e che gira nel calcio... E mi sembra molto meno assurda della sua teoria secondo cui io farei parte di un’associazione che ha messo su questo processo».
Per Giraudo lei è semplicemente un allenatore modesto.
«Io invece lo considero un dirigente dannoso. Da quando sono arrivati i grandi manager come lui il calcio ha smesso di essere uno sport ed è diventato un business. E se le regole del business superano l’etica dello sport, allora, si può anche arrivare a pensare che comprare un campione che fa la differenza costi 20 milioni, mentre modificare le prestazioni di una squadra grazie ai farmaci costi molto meno... ».
Il processo è durato tanti, troppi anni.
«Questo processo non sarebbe mai dovuto arrivare in un’aula di tribunale. La giustizia sportiva, che dovrebbe avere regole di moralità ed etica che vanno al di là del codice penale, si sarebbe dovuta occupare del caso facendo chiarezza non solo sulla Juve ma su tutto il calcio italiano di quegli anni per capire, punire e dettare le regole affinché non si deragliasse più. Invece non fece nulla».
Giraudo ha parlato di teorema giudiziario, persecuzione, di Juve usata come cavia...
«Fossi in lui eviterei di parlare di cavie... ».
Il dottor Agricola, dopo il processo: «Mi hanno tolto sette anni di vita».
«Spero che un giorno non debbano fare certi calcoli tutti quei giocatori che hanno preso troppi farmaci. Il sonno tranquillo di certi medici è legato alla salute di quei giocatori».
Ma perché lei ce l’ha tanto con la Juve?
«Io non ce l’ho con la Juve, fa parte della storia del calcio mondiale. Ce l’ho con gli attuali dirigenti e con il loro modo di lavorare che, secondo me, non fa bene al calcio».
Quali conseguenze pensa possa avere questa sentenza?
«Per come è stata presentata da certi giornalisti e da certe trasmissioni che dopo il primo grado non avevano neanche trattato l’argomento, nella migliore delle ipotesi è un coperchio definitivo sugli eccessi di quegli anni e, nella peggiore, un invito per chi vuole cercare la vittoria ad ogni costo, anche a scapito della salute, restando impuniti».
Zeman, il grande accusatore, alla fine sembra quello che c’ha rimesso di più.
«Me lo dicono in tanti. Ma non mi piango addosso e rifarei tutto. Non voglio passare per martire, per eroe o per complottatore. Ho detto il mio pensiero per il bene del calcio. È sbagliato, dannoso e fraudolento dare medicinali a gente sana».
Ma dopo sette anni non è stanco di questa storia?
«Io no. Questa storia non è la mia, è la loro».
Zeman, ma lei che vuole?
«Che il calcio torni ad essere uno sport dove le regole valgono per tutti e che in futuro non ci sia più bisogno di un giudice ordinario per cercare la verità».
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